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Silvia Cester, una mamma camionista

10 maggio 2020
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Silvia fa la camionista da neanche un anno, ma il suo amore per i camion nasce molto tempo prima.

Mamma di due bambini, Agnese e Filippo, Silvia è alla soglia dei suoi “primi 40 anni”, si definisce “Veneziana di terra ferma” vivendo a Marcon, un comune di Venezia. Silvia è separata da circa 3 anni. L’avventura con il camion è iniziata da appena un anno: il coronamento di un sogno nascosto nel cassetto da lungo tempo.

“La domanda più frequente che mi fanno è: perché proprio la camionista? La risposta vera non la so. In famiglia nessuno è camionista. Però ho sempre abitato in zona industriale di fronte la tangenziale di Mestre – racconta Silvia – Per andare a prendere l’autobus alla mattina mio nonno mi caricava in bicicletta e dovevamo zigzagare in mezzo ai camion. Ero affascinata da quei bestioni tutti colorati, il profumo di gasolio e di pneumatici mi inebriava…”

Così, appena compiuti 18 anni, Silvia prende la patente per la macchina ma appena raggiunti i 23: “Mi sono detta: voglio anche quella del camion. A suo tempo C e Di si potevano fare insieme. Mi sono iscritta in un’autoscuola, contro il volere di tutta la famiglia, e presi le patenti. Nel frattempo ho conosciuto quello che poi è diventato mio marito.”

E come spesso accade il destino decide per noi: “Il desiderio di salire sul camion era tanto, ma poi ci siamo sposati, abbiamo avuto 2 figli, cambiato 3 case, ed abbiamo aperto un negozio di prodotti per animali, una passione che ci ha sempre accomunato.”

Ma il sogno di Silvia di salire su un camion era sempre lì fino a che: “Ci siamo separati. Il mondo mi è crollato addosso ma grazie al mio atavico sogno, sono riuscita a ripartire. Dopo 15 anni da quando avevo preso le patenti sono risalita su un camion per gioco a Misano, durante il Weekend del Camionista – ricorda Silvia –  Il CQC stava per scadere, che fare? Ho preso il sogno, l’ho guardato, girato e rigirato, ho rinnovato il CQC e mi sono messa in gioco. Sono riuscita a trovare posto grazie a una domanda fatta su Facebook. Dapprima ho ricevuto le proposte più assurde ma poi ho trovato un messaggio che mi sembrava serio da parte del mio attuale datore di lavoro, un padroncino veneto come me, Carlo Greghi.

Ha avuto molta pazienza mi ha dedicato molto tempo, probabilmente ha perso viaggi per colpa mia, mi ha dato fiducia, è stato un gran maestro. Così l’8 luglio 2019 è iniziata la mia vita da camionista. Il primo viaggio da sola è stato per andare a prendere le vasche per la campagna barbabietole, se ci ripenso ho ancora il cuore a mille, che emozione. Fortunatamente sono rimasta in ottimi rapporti con il mio ex marito che durante la settimana mi tiene i bambini. Poi il sabato e la domenica, quando non lavoro, me li godo io.”

E poi è arrivata la pandemia: “Ora sto facendo container, per lo più giro Veneto e Friuli, ogni tanto qualche viaggio più lungo. Ma per fortuna riesco a rientrare tutte le sere a casa. Qualche mattina percorro quella che io chiamo la strada delle barbabietole, da Marcon a Cerviniano del Friuli, quella che la scorsa estate facevo tutti i giorni più volte al giorno durante la campagna. Durante il lockdown mi scendevano le lacrime vedendo le strade vuote, i bar chiusi, le serrande abbassate dei negozi. La sera quando parcheggiavo di fronte casa, scendevo e facevo la pipì sotto il semirimorchio, la dovevo trattenere talmente tanto che in casa non riuscivo ad arrivare.”

Ora siamo passati alla Fase 2 ma lo spettro della disoccupazione è sempre dietro l’angolo: “In questi giorni in tanti mi hanno salutata perché si fermano. Manca il lavoro. Ascolto al CB colleghi che dicono: – sgancio vado a casa, mi fermo e non so quando ricomincio – . Mi auguro con tutto il cuore che si possa ritornare alla normalità il prima possibile. Io voglio ricominciare a perdermi dentro al porto pieno di container, adesso sembra un deposito abbandonato.”

 Ti facciamo tanti auguri Silvia. Mamma coraggiosa e donna determinata.